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Visualizzazione post con etichetta Torino Fashion Week. Mostra tutti i post
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giovedì 22 giugno 2017

Stanno tornando i PONCHO!

... gli unici poncho che si possano portare in un'estate così torrida come quella che si sta presentando, sono ovviamente i poncho di Roberto Novarese: impossibile non ricordarli alla sfilata della scorsa Torino Fashion Week!




Quest'anno lo stilista piemontese torna a vestire le modelle che calcheranno le passerelle alla Torino Fashion Week e perciò abbiamo voluto intervistarlo.



Roberto, tra poco ricomincia la TFW: complimenti, sei tra i pochi che hanno sfilato lo scorso anno ed è pronto per sfilare di nuovo.



Sì, e ne sono felice perchè visto il respiro internazionale dato alla TFW di quest'anno, gli stilisti italiani sono stati selezionati con attenzione e l'avventura, dopo l'esperienza dello scorso anno, è ancora più emozionante.

Quest'anno più stilisti internazionali, una nuova location...

Una location davvero pazzesca, diversa da quella dello scorso anno; non abbiamo ancora fatto le prove ma sono ottimista appunto perché la location è fantastica.
Non farmi dire di più però!  

Durante quest'anno ti abbiamo seguito su Instagram ed abbiamo visto che hai, o meglio, che i tuoi poncho hanno delle frequentazioni interessanti... 

(ride) ... ma grazie! Sì, tutto questo è frutto della passione per il mio lavoro e dell'amicizia con persone dell'entourage di Caterina Balivo ed Elisabetta Gregoraci, che si sono rivelate persone splendide e che hanno indossato i miei pezzi in maniera esemplare.


 

Lo scorso anno regalasti un poncho anche a Luciana Littizzetto ed al Sindaco di Torino, la signora Appendino.

Sì, anche Littizzetto fu carinissima con me... l'omaggio al Sindaco poi mi è venuto spontaneo.

Hai avuto fortuna ed incontrato solo personaggi simpatici oppure non ne vuoi parlare? 

Io penso che le persone siano tutte diverse ma che in fondo non siano molte le persone sgradevoli... dipende anche dal momento, da quello che si vuole da loro e da come ci si pone nei loro confronti. Spesso otteniamo lo specchio di ciò che noi diamo. 

Quest'anno sfilerai con Trixia (Patrizia Guccione): com'è nato questo matrimonio? Vi conoscevate già?

Ci siamo conosciuti lo scorso anno proprio alla TFW e quando quest'anno si è presentata l'opportunità di fare un connubio tra style ed accessori ci siamo subito trovati d'accordo; del resto, siamo due personalità con idee di design talmente forti che funzioniamo bene insieme.

Per concludere, Roberto: come facciamo a sentirci delle farfalle indossando le tue creazioni?

Per ora sono in pochi negozi selezionati (anche se ho una qualche idea per il futuro, soprattutto nell'e-commerce), oppure mi si può contattare tramite i miei profili social: su Instagram @robertonovarese e su Facebook Roberto Novarese.










credits: le immagini di questo servizio sono state tratte dal profilo Instagram dello stilista.



sabato 13 maggio 2017

Un viaggio a L'Havana... un anno dopo

Erano i primi di giugno dello scorso anno quando Moda in Turin incontrava per la prima volta Massiel, lo spirito creativo di TorinoHavana.





Quello che ci colpì fu il sorriso e la determinazione di questa ragazza che si era portata dietro il sole della sua terra, e riproponeva questo stile di vita allegro, caldo e solare attraverso i suoi costumi.
Costumi, diciamo subito, che non sono proprio per tutti i fisici, ma che fanno sognare... eccome!

Ad un anno di distanza, ecco quello che Massiel ha da raccontarci:

Massiel, cosa è successo dopo la Torino Fashion Week?

Dopo la TFW ho vissuto un anno pienissimo di impegni: a quelli che già avevo ho potuto affiancare molte altre collaborazioni e molte altre opportunità di ampliare il bacino dei miei estimatori, a cominciare dall'esperienza elettrizzante della Milano Fashion Week a settembre


A Milano ho portato la stessa collezione che sfilò a Torino, leggermente arricchita: ha portato bene!

TorinoHavana è piaciuta?

Sì, molto, dalla MFW ho avuto contatti con clienti privati, ma anche con operatori del settore di Taormina e Ibiza, per cui le prossime sfilate di TH saranno là: sole e mare mi mancano tanto, ed avrò l'opportunità di presentare i miei costumi in luoghi davvero favolosi.

Il core business di TH è quindi il costume?

Sì, ma fino ad un certo punto. I miei clienti apprezzano il mio stile eclettico, o il mio modo di lavorare, se vogliamo, e mi chiedono anche abiti da indossare in momenti particolari, come un evento importante o un matrimonio.





Senti Massiel, non resisto: su Facebook ti ho vista arrampicata in maniera spettacolare su un palo della pole dance... capisco che tu sia giovane e piena di energie, ma anche questa passione da dove arriva?

Ah, questa passione ce l'ho da un po', un bel po'! (sorriso enorme): mi piace tanto, ti scarica, ti dà disciplina, ti cambia il corpo, ogni settimana incontro le mie amiche di pole e ogni settimana faccio esercizi a volte molto faticosi ma di grande soddisfazione.
Poi devo aggiungere che il mondo della pole e dello sport in generale lo conosco anche come stilista: da anni ormai produco i costumi per la Pole Dance e in genere per le atlete che me li richiedono.

Davvero? come si fa un costume da pole dance? che materiali usi?

Una delle mie grandi collaborazioni è quella con Valeria Bonalume, una grande performer italiana che si è esibita con i miei costumi a "Ballando con le Stelle" e a "Chiambretti Supermarket"; ormai preparo i suoi costumi da più di 7 anni... studiamo insieme il modello a cui Valeria vorrebbe arrivare e man mano nasce una nuova creazione.
I tessuti sono fondamentalmente il jersey, la rete elasticizzata, molte applicazioni in Swarovski... è un lavoro molto tecnico, ma insieme creativo e divertente.


Ah!, e poi creo costumi per il teatro...

Sono basita, come fai?
La tua linea, i clienti privati, la pole, il teatro...

... infatti mi spiace ma quest'anno non sarò alla Torino Fashion Week: la collezione non è ancora pronta, non come la voglio io.
La presenterò più avanti, probabilmente dopo l'estate, ora ho troppe cose che mi aspettano: ai primi di giugno sfilerò a Taormina, alla fine ad Ibiza, ma in mezzo verrò di sicuro a dare un'occhiata alla TFW ed agli amici che sfileranno!


ps: ho salutato Massiel e mi sono rituffata nella pioggia che da giorni bagnava Torino... capisco che le manchino il sole e il mare della sua Cuba!

giovedì 17 novembre 2016

Signore e signori, Walter Dang








Poco prima dell’evento “YOU Hair & Beauty Show 2016” che si terrà domenica 20 e lunedì 21 novembre al Pala Alpitour di Torino, Moda in Turin ha intervistato Walter Dang, stilista di punta della passata Torino Fashion Week e primo stilista a sfilare domenica:

         Come si definirebbe Walter Dang?



Un sognatore, un nostalgico, sogno sempre delle epoche o  dei luoghi mitici.

Vivo la mia moda imponendo le mie scelte senza concessioni, in un momento un po' turbato e approssimativo del gusto e del disgusto, il che vuol dire che andrò sempre più verso il classico, intramontabile e con un stile sempre più forte.

         Perché tra tutte le città alternative a Parigi ha scelto Torino?

Perché Torino ha un’identità forte, dove la moda ha anche un suo regno.

         Cos’ha di particolare la donna torinese?

Amo dire che la donna Torinese è come la città: appassionante, timida, estroversa, sicura del suo valore e della sua identità.

Trovo in lei l’eleganza dei gesti, del comportamento, della sua attitudine… forse perché l'eleganza Torinese è il contrario dell'eccesso: " less is more "

         Cosa l’ha spinta a disegnare abiti da sposa?

Ogni stilista ama realizzare abiti da sposa, penso che sia come  ideare abiti da sera.

Mi fa sentire quello che sono: un Couturier visionario. Stravolgo tutti i codici della sartoria rispettando sempre il procedimento del montaggio dell'abito: un abito da sposa ha il dono della luce e della festa. 

Io utilizzo dei materiali come la seta selvatica che cade in una maniera tutta sua, caratteristica, ed è perfetta per dare i volumi rimanendo leggera, il devoré... ma il mio tessuto preferito resta sempre lo chiffon. 

         Che donna è la sposa di Walter Dang, e quale donna invece non potrebbe mai indossare un suo abito?

La sposa Walter Dang è una donna decisa e con molta personalità, che ha voglia di indossare qualcosa di unico in uno dei giorni più importanti della sua vita.

         Che caratteristiche deve avere un tessuto, e chi deve lavorarlo, per diventare un abito del suo atelier?

La leggerezza!, mi diverto a pesare i vestiti: questa primavera ho realizzato un abito di stile imperiale utilizzando 42 m di chiffon per renderlo non trasparente.

Con i suoi 18 grammi al metro l’abito pesa solo 756 grammi, il filo di seta ha aumentato il peso di 112 grammi.

È molto importante la leggerezza dell'abito.

Per diventare un abito “Walter Dang”, quel tessuto dev’essere lavorato dai miei collaboratori, che devono avere le  mie stesse sensibilità, le mie conoscenze e il gusto di avventurarsi in nuovi codici sartoriali.

         Come si pone davanti alla concorrenza delle catene di abbigliamento a basso costo, quali sono i principi sui quali non è disposto ad ammettere deroghe, pur tenendo conto del mercato?

Rispondo semplicemente essendo sempre diverso. 

         La sua partecipazione in qualità di stilista di punta alla Torino Fashion Week è stata un innegabile successo; com’è nata l’idea di partecipare alla manifestazione? Si aspettava un tale successo di pubblico?

Sono stato invitato e ho accettato l'invito prendendolo come un grande complimento e ringraziamento da diverse istituzioni per la mia partecipazione creativa della nostra città.

Certo non avevo nessun dubbio del suo successo e come in tutte le settimane della moda abbiamo visto cose che ci sono piaciute e altre meno.

Lasciatemi fare un grande complimento agli organizzatori che hanno creduto in questo progetto. 

         Possiamo sperare di rivedere Walter Dang sfilare a giugno 2017?

… perché no?


Oltre all’evento al Pala Alpitour, Walter Dang sfilerà anche domenica 27 novembre in occasione dell’eventoMerveilles d’Hiver”, a Palazzo Costa Carrù della Trinità, in Torino.

Noi siamo curiosissime… e voi?


La foto degli abiti da sposa sono tratte dal sito dello stilista.

venerdì 28 ottobre 2016

Marika Guida e il packaging per la persona



La definizione di abito che non ti aspetti e che racconta, quasi da sola, tutta la storia di una stilista. “Un abito, sai, se ci pensi bene, è poi un packaging: un packaging per una persona”.



Marika Guida scherza così sul suo modo di vedere il suo lavoro. Dieci anni nella pubblicità, molti altri nella scenografia, a disegnare scatole per i prodotti e scatole per gli attori non passano senza lasciare traccia. La traccia è questa: comunicare è un gioco molto serio e modulabile. Pensare ad un abito come ad un packaging, che non solo contiene, ma ‘rivela’ la persona che c’è dentro, con tutto il suo contorno.

Marika Guida
L'attività di Marika nasce nel suo atelier di via Saluzzo, sull’angolo con corso Marconi. “Lavoro qui, qui penso e realizzo: è il mio mondo, ed è bello perché finalmente mi sento quieta. Sono esattamente dove voglio essere, faccio esattamente quello che voglio fare”.


Un piccolo mondo, ma una grande conquista. “Ho fatto moltissimo, prima di sbarcare qui. Ho mantenuto i miei studi, ripresi da zero a 21 anni, lavorando inizialmente nei locali, la sera, poi sempre più in ambito creativo che presto prese il sopravvento, prima in pittura e decorazione poi in pubblicità, ho fatto l'art per 10 anni, intanto mi 'regalai' gli studi all’accademia di Belle Arti di Torino, ho lavorato in scenografia e nel reparto costumi per fiction televisive, ma soprattutto nei momenti di "magra" non sono mai stata ferma, cimentandomi anche in professioni lontane dalla mia, momenti altamente formativi, che alimentavano la mia determinazione a uscirne prima possibile– racconta sorridente -. Come il periodo delle bancarelle e dei mercati: una grandissima risorsa, ma anche un girone infernale: producevo in casa, invaso il salotto di materiale lavorato e non, senza parlare della vendita, ore e ore al freddo o a al caldo, il trasporto, l'allestimento e il ritiro, di fronte a persone che in genere non sanno o non tengono conto di quanto avvenuto dietro al capo che desiderano ma su cui spesso 'ci devono pensare' insomma uno sbattone enorme. Poi, finalmente, la svolta.

L'atelier di via Saluzzo



L'atelier di via Saluzzo


“Era il 2011: ho trovato questo posto, l’ho riconosciuto subito. Era il mio posto. Ed ora, sono libera”.


Libera di creare,
di ricercare, di sperimentare, di gioire, di fallire o di vincere. “Le mie linee nascono dalla sperimentazione – spiega -. Avere un negozio su strada aiuta anche a testare sul pubblico quello che fai, a capire se funziona oppure no. Le mie linee nascono così: spesso provo direttamente su tela e poi se è il caso faccio il cartamodello per ripeterlo”.




La ricerca passa anche attraverso i tessuti. “Sono torinese, mi piace lavorare il più possibile con materiali non solo italiani, ma a chilometro zero. Eppure, da qualche tempo, mi sono aperta al mondo – dice -: le aziende italiane hanno spesso dei minimi d'ordine troppo alti per un'artigiana e poi mischiare e contaminare le culture mi diverte molto”. Marika lavora anche sui tessuti da uomo "perché è un po' come appropriarsi di qualcosa di prettamente maschile, con tutta una serie di peculiarità annesse, ma trasformandola a proprio vantaggio, attraverso la femminilità del taglio. Faccio mini-collezioni – spiega- basate anche sui miei innamoramenti temporanei, un tessuto, un periodo, un concetto, un colore, un dettaglio... tenendo sempre ben presenti però le principali qualità indispensabili di un mio capo: in primis la sfruttabilità, (in verticale attraverso le fasi della giornata e in orizzontale attraverso le fasi delle stagioni), l'originalità e la facilità di cura. Anche il lavoro di sovrapposizione e di draping assumono una diversa connotazione con l'uso di certi tessuti ”.



Dal suo mondo di via Saluzzo passano le più svariate figure professionali e talenti di ogni genere(uno dei suoi clienti è Arturo Brachetti) e passano progetti e suggestioni. La domanda sui progetti per il futuro viene accolta con un sorriso: “Il mio futuro è adesso – dice -. Mi piacerebbe sbarcare negli Usa, dove anni fa mi ero affacciata anche con buon esito ma non mi sentii pronta e rinunciai. Oggi ho le idee molto più chiare, so che voglio e posso farlo anche da qui; so anche che se non andasse in porto, ho già quello che cerco, avrò semmai lavorato a vantaggio della mia crescita, che non fa mai male.


Il mondo, visto dalla sua boutique artigiana, non è poi così lontano   

Marika Guida e il packaging per la persona



La definizione di abito che non ti aspetti e che racconta, quasi da sola, tutta la storia di una stilista. “Un abito, sai, se ci pensi bene, è poi un packaging: un packaging per una persona”.



Marika Guida scherza così sul suo modo di vedere il suo lavoro. Dieci anni nella pubblicità, molti altri nella scenografia, a disegnare scatole per i prodotti e scatole per gli attori non passano senza lasciare traccia. La traccia è questa: comunicare è un gioco molto serio e modulabile. Pensare ad un abito come ad un packaging, che non solo contiene, ma ‘rivela’ la persona che c’è dentro, con tutto il suo contorno.

Marika Guida
L'attività di Marika nasce nel suo atelier di via Saluzzo, sull’angolo con corso Marconi. “Lavoro qui, qui penso e realizzo: è il mio mondo, ed è bello perché finalmente mi sento quieta. Sono esattamente dove voglio essere, faccio esattamente quello che voglio fare”.


Un piccolo mondo, ma una grande conquista. “Ho fatto moltissimo, prima di sbarcare qui. Ho mantenuto i miei studi, ripresi da zero a 21 anni, lavorando inizialmente nei locali, la sera, poi sempre più in ambito creativo che presto prese il sopravvento, prima in pittura e decorazione poi in pubblicità, ho fatto l'art per 10 anni, intanto mi 'regalai' gli studi all’accademia di Belle Arti di Torino, ho lavorato in scenografia e nel reparto costumi per fiction televisive, ma soprattutto nei momenti di "magra" non sono mai stata ferma, cimentandomi anche in professioni lontane dalla mia, momenti altamente formativi, che alimentavano la mia determinazione a uscirne prima possibile– racconta sorridente -. Come il periodo delle bancarelle e dei mercati: una grandissima risorsa, ma anche un girone infernale: producevo in casa, invaso il salotto di materiale lavorato e non, senza parlare della vendita, ore e ore al freddo o a al caldo, il trasporto, l'allestimento e il ritiro, di fronte a persone che in genere non sanno o non tengono conto di quanto avvenuto dietro al capo che desiderano ma su cui spesso 'ci devono pensare' insomma uno sbattone enorme. Poi, finalmente, la svolta.

L'atelier di via Saluzzo



L'atelier di via Saluzzo


“Era il 2011: ho trovato questo posto, l’ho riconosciuto subito. Era il mio posto. Ed ora, sono libera”.


Libera di creare,
di ricercare, di sperimentare, di gioire, di fallire o di vincere. “Le mie linee nascono dalla sperimentazione – spiega -. Avere un negozio su strada aiuta anche a testare sul pubblico quello che fai, a capire se funziona oppure no. Le mie linee nascono così: spesso provo direttamente su tela e poi se è il caso faccio il cartamodello per ripeterlo”.



La ricerca passa anche attraverso i tessuti. “Sono torinese, mi piace lavorare il più possibile con materiali non solo italiani, ma a chilometro zero. Eppure, da qualche tempo, mi sono aperta al mondo – dice -: le aziende italiane hanno spesso dei minimi d'ordine troppo alti per un'artigiana e poi mischiare e contaminare le culture mi diverte molto”. Marika lavora anche sui tessuti da uomo "perché è un po' come appropriarsi di qualcosa di prettamente maschile, con tutta una serie di peculiarità annesse, ma trasformandola a proprio vantaggio, attraverso la femminilità del taglio. Faccio mini-collezioni – spiega- basate anche sui miei innamoramenti temporanei, un tessuto, un periodo, un concetto, un colore, un dettaglio... tenendo sempre ben presenti però le principali qualità indispensabili di un mio capo: in primis la sfruttabilità, (in verticale attraverso le fasi della giornata e in orizzontale attraverso le fasi delle stagioni), l'originalità e la facilità di cura. Anche il lavoro di sovrapposizione e di draping assumono una diversa connotazione con l'uso di certi tessuti ”.



Dal suo mondo di via Saluzzo passano le più svariate figure professionali e talenti di ogni genere(uno dei suoi clienti è Arturo Brachetti) e passano progetti e suggestioni. La domanda sui progetti per il futuro viene accolta con un sorriso: “Il mio futuro è adesso – dice -. Mi piacerebbe sbarcare negli Usa, dove anni fa mi ero affacciata anche con buon esito ma non mi sentii pronta e rinunciai. Oggi ho le idee molto più chiare, so che voglio e posso farlo anche da qui; so anche che se non andasse in porto, ho già quello che cerco, avrò semmai lavorato a vantaggio della mia crescita, che non fa mai male.


Il mondo, visto dalla sua boutique artigiana, non è poi così lontano