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venerdì 28 ottobre 2016

Marika Guida e il packaging per la persona



La definizione di abito che non ti aspetti e che racconta, quasi da sola, tutta la storia di una stilista. “Un abito, sai, se ci pensi bene, è poi un packaging: un packaging per una persona”.



Marika Guida scherza così sul suo modo di vedere il suo lavoro. Dieci anni nella pubblicità, molti altri nella scenografia, a disegnare scatole per i prodotti e scatole per gli attori non passano senza lasciare traccia. La traccia è questa: comunicare è un gioco molto serio e modulabile. Pensare ad un abito come ad un packaging, che non solo contiene, ma ‘rivela’ la persona che c’è dentro, con tutto il suo contorno.

Marika Guida
L'attività di Marika nasce nel suo atelier di via Saluzzo, sull’angolo con corso Marconi. “Lavoro qui, qui penso e realizzo: è il mio mondo, ed è bello perché finalmente mi sento quieta. Sono esattamente dove voglio essere, faccio esattamente quello che voglio fare”.


Un piccolo mondo, ma una grande conquista. “Ho fatto moltissimo, prima di sbarcare qui. Ho mantenuto i miei studi, ripresi da zero a 21 anni, lavorando inizialmente nei locali, la sera, poi sempre più in ambito creativo che presto prese il sopravvento, prima in pittura e decorazione poi in pubblicità, ho fatto l'art per 10 anni, intanto mi 'regalai' gli studi all’accademia di Belle Arti di Torino, ho lavorato in scenografia e nel reparto costumi per fiction televisive, ma soprattutto nei momenti di "magra" non sono mai stata ferma, cimentandomi anche in professioni lontane dalla mia, momenti altamente formativi, che alimentavano la mia determinazione a uscirne prima possibile– racconta sorridente -. Come il periodo delle bancarelle e dei mercati: una grandissima risorsa, ma anche un girone infernale: producevo in casa, invaso il salotto di materiale lavorato e non, senza parlare della vendita, ore e ore al freddo o a al caldo, il trasporto, l'allestimento e il ritiro, di fronte a persone che in genere non sanno o non tengono conto di quanto avvenuto dietro al capo che desiderano ma su cui spesso 'ci devono pensare' insomma uno sbattone enorme. Poi, finalmente, la svolta.

L'atelier di via Saluzzo



L'atelier di via Saluzzo


“Era il 2011: ho trovato questo posto, l’ho riconosciuto subito. Era il mio posto. Ed ora, sono libera”.


Libera di creare,
di ricercare, di sperimentare, di gioire, di fallire o di vincere. “Le mie linee nascono dalla sperimentazione – spiega -. Avere un negozio su strada aiuta anche a testare sul pubblico quello che fai, a capire se funziona oppure no. Le mie linee nascono così: spesso provo direttamente su tela e poi se è il caso faccio il cartamodello per ripeterlo”.




La ricerca passa anche attraverso i tessuti. “Sono torinese, mi piace lavorare il più possibile con materiali non solo italiani, ma a chilometro zero. Eppure, da qualche tempo, mi sono aperta al mondo – dice -: le aziende italiane hanno spesso dei minimi d'ordine troppo alti per un'artigiana e poi mischiare e contaminare le culture mi diverte molto”. Marika lavora anche sui tessuti da uomo "perché è un po' come appropriarsi di qualcosa di prettamente maschile, con tutta una serie di peculiarità annesse, ma trasformandola a proprio vantaggio, attraverso la femminilità del taglio. Faccio mini-collezioni – spiega- basate anche sui miei innamoramenti temporanei, un tessuto, un periodo, un concetto, un colore, un dettaglio... tenendo sempre ben presenti però le principali qualità indispensabili di un mio capo: in primis la sfruttabilità, (in verticale attraverso le fasi della giornata e in orizzontale attraverso le fasi delle stagioni), l'originalità e la facilità di cura. Anche il lavoro di sovrapposizione e di draping assumono una diversa connotazione con l'uso di certi tessuti ”.



Dal suo mondo di via Saluzzo passano le più svariate figure professionali e talenti di ogni genere(uno dei suoi clienti è Arturo Brachetti) e passano progetti e suggestioni. La domanda sui progetti per il futuro viene accolta con un sorriso: “Il mio futuro è adesso – dice -. Mi piacerebbe sbarcare negli Usa, dove anni fa mi ero affacciata anche con buon esito ma non mi sentii pronta e rinunciai. Oggi ho le idee molto più chiare, so che voglio e posso farlo anche da qui; so anche che se non andasse in porto, ho già quello che cerco, avrò semmai lavorato a vantaggio della mia crescita, che non fa mai male.


Il mondo, visto dalla sua boutique artigiana, non è poi così lontano   

Marika Guida e il packaging per la persona



La definizione di abito che non ti aspetti e che racconta, quasi da sola, tutta la storia di una stilista. “Un abito, sai, se ci pensi bene, è poi un packaging: un packaging per una persona”.



Marika Guida scherza così sul suo modo di vedere il suo lavoro. Dieci anni nella pubblicità, molti altri nella scenografia, a disegnare scatole per i prodotti e scatole per gli attori non passano senza lasciare traccia. La traccia è questa: comunicare è un gioco molto serio e modulabile. Pensare ad un abito come ad un packaging, che non solo contiene, ma ‘rivela’ la persona che c’è dentro, con tutto il suo contorno.

Marika Guida
L'attività di Marika nasce nel suo atelier di via Saluzzo, sull’angolo con corso Marconi. “Lavoro qui, qui penso e realizzo: è il mio mondo, ed è bello perché finalmente mi sento quieta. Sono esattamente dove voglio essere, faccio esattamente quello che voglio fare”.


Un piccolo mondo, ma una grande conquista. “Ho fatto moltissimo, prima di sbarcare qui. Ho mantenuto i miei studi, ripresi da zero a 21 anni, lavorando inizialmente nei locali, la sera, poi sempre più in ambito creativo che presto prese il sopravvento, prima in pittura e decorazione poi in pubblicità, ho fatto l'art per 10 anni, intanto mi 'regalai' gli studi all’accademia di Belle Arti di Torino, ho lavorato in scenografia e nel reparto costumi per fiction televisive, ma soprattutto nei momenti di "magra" non sono mai stata ferma, cimentandomi anche in professioni lontane dalla mia, momenti altamente formativi, che alimentavano la mia determinazione a uscirne prima possibile– racconta sorridente -. Come il periodo delle bancarelle e dei mercati: una grandissima risorsa, ma anche un girone infernale: producevo in casa, invaso il salotto di materiale lavorato e non, senza parlare della vendita, ore e ore al freddo o a al caldo, il trasporto, l'allestimento e il ritiro, di fronte a persone che in genere non sanno o non tengono conto di quanto avvenuto dietro al capo che desiderano ma su cui spesso 'ci devono pensare' insomma uno sbattone enorme. Poi, finalmente, la svolta.

L'atelier di via Saluzzo



L'atelier di via Saluzzo


“Era il 2011: ho trovato questo posto, l’ho riconosciuto subito. Era il mio posto. Ed ora, sono libera”.


Libera di creare,
di ricercare, di sperimentare, di gioire, di fallire o di vincere. “Le mie linee nascono dalla sperimentazione – spiega -. Avere un negozio su strada aiuta anche a testare sul pubblico quello che fai, a capire se funziona oppure no. Le mie linee nascono così: spesso provo direttamente su tela e poi se è il caso faccio il cartamodello per ripeterlo”.



La ricerca passa anche attraverso i tessuti. “Sono torinese, mi piace lavorare il più possibile con materiali non solo italiani, ma a chilometro zero. Eppure, da qualche tempo, mi sono aperta al mondo – dice -: le aziende italiane hanno spesso dei minimi d'ordine troppo alti per un'artigiana e poi mischiare e contaminare le culture mi diverte molto”. Marika lavora anche sui tessuti da uomo "perché è un po' come appropriarsi di qualcosa di prettamente maschile, con tutta una serie di peculiarità annesse, ma trasformandola a proprio vantaggio, attraverso la femminilità del taglio. Faccio mini-collezioni – spiega- basate anche sui miei innamoramenti temporanei, un tessuto, un periodo, un concetto, un colore, un dettaglio... tenendo sempre ben presenti però le principali qualità indispensabili di un mio capo: in primis la sfruttabilità, (in verticale attraverso le fasi della giornata e in orizzontale attraverso le fasi delle stagioni), l'originalità e la facilità di cura. Anche il lavoro di sovrapposizione e di draping assumono una diversa connotazione con l'uso di certi tessuti ”.



Dal suo mondo di via Saluzzo passano le più svariate figure professionali e talenti di ogni genere(uno dei suoi clienti è Arturo Brachetti) e passano progetti e suggestioni. La domanda sui progetti per il futuro viene accolta con un sorriso: “Il mio futuro è adesso – dice -. Mi piacerebbe sbarcare negli Usa, dove anni fa mi ero affacciata anche con buon esito ma non mi sentii pronta e rinunciai. Oggi ho le idee molto più chiare, so che voglio e posso farlo anche da qui; so anche che se non andasse in porto, ho già quello che cerco, avrò semmai lavorato a vantaggio della mia crescita, che non fa mai male.


Il mondo, visto dalla sua boutique artigiana, non è poi così lontano   

martedì 4 ottobre 2016

Catwalk: le idee de L'Orlando Furioso

La moda aiuta la donne. A Torino lo fa sul serio, attraverso il lavoro della Sartoria L'Orlando Furioso che dal 2004, con un progetto della Cooperativa Sociale Alta Mente, fa lavorare e aiuta le donne in difficoltà psicologiche ed emotive.
Siamo andate a curiosare nella loro collezione A/I 2016/2017 , che vi raccontiamo grazie alla sfilata che si è tenuta alle Fonderie Limone di Moncalieri.




La sfilata, inserita all'interno del programma del Festival Torinodanza, ha visto l'Orlando Furioso vestire le partecipanti al defilè che si è tenuto durante il festival.
 

 














Prima della sfilata ci è stato dato un assaggio di quello che è stato il defilè.


La collezione A/I 2016/2017 è ispirata ai territori del Perù e delle Ande.





 


Vengono utilizzate stoffe pregiate e colori che ricordano quei luoghi meravigliosi. 













 

martedì 27 settembre 2016

ASG, l'essenziale barocco


Creativo ma concreto, essenziale e barocco, battagliero e pacifista, arrabbiato ed entusiasta. Stilista, ma anche cameriere.


Lui è Antonino Salemi Garigliano, che da 2 anni e mezzo presenta la sua creatività sotto il brand ASG. E proprio sulla creatività, sul come nasce la sua idea creativa, abbiamo voluto sentirlo: ecco la sua risposta, in presa diretta nel video qui sotto.





Ma Antonino non è solo creatività: è anche concretezza nella realizzazione e attenzione alla realtà del mondo della moda.

“Io credo molto nella cura del prodotto – dice -. Seleziono materiali solo made in Italy e faccio realizzare i miei modelli da una sartoria che conosco personalmente. Insomma, non è tutto uguale: se si girano i capi al contrario, si vede la differenza, la cura per il prodotto, l’architettura del lavoro. E quello fa la differenza”.



L’architettura è un tema portante nel lavoro di Salemi Garigliano: ha studiato architettura e poi all’accademia, trasferisce molto della sua formazione nel suo lavoro. “Basta vedere i miei bozzetti – sorride – sembrano planimetrie”.

 Con l’estate 2017 ASG arriva alla sua 4° collezione. “Con la prima ho avuto un successo che ha sorpreso sia me sia i miei soci: era molto barocca, oggi preferisco altro. Dalla seconda collezione ho iniziato a togliere, a cercare l’essenza. Adesso, con la summer 2017, ho raggiunto un nuovo equilibrio”. L’essenziale barocco, appunto.



La nuova collezione, quella estiva, si chiama Desideria. “E’ ispirata alle stelle – spiega -. Per la prima volta uso un tessuto stampato con un disegno stilizzato delle costellazioni. E’ dedicata ad una donna che sogna un modo diverso guardando le stelle”. E per la prima volta, verrà distribuita anche a Torino.

 Ma sulla città Antonino ha altri progetti. “Sono in trattativa per aprire uno showroom, che voglio sia uno spazio polivalente, uno spazio open. Perché Torino è la mia città, e alle donne torinesi voglio riservare un trattamento differente, più esclusivo, con un contatto personale. Per dare un valore aggiunto”.


Fra i progetti futuri, accanto all’apertura della sede torinese, anche un’esperienza all’estero, negli Usa, un mercato su cui ASG vuole ampliare la sua presenza, oppure in Giappone. “Lavorare in Italia è difficile – conclude amaramente Salemi Garigliano -. Non c’è tutela per le imprese, e lo dimostra il fatto che, per far fronte alle spese, mi tocca anche fare il cameriere. E non solo: tutto viene equiparato, tutto viene considerato uguale, sia che sia fatto seguendo criteri etici e utilizzando materiali di qualità, sia che sia fatto in maniera meno seria. Ci riempiamo la bocca con il made in Italy, ma in realtà non c’è nessuna tutela”.