La definizione di abito che non ti aspetti e che racconta, quasi da sola, tutta la storia di una stilista. “Un abito, sai, se ci pensi bene, è poi un packaging: un packaging per una persona”.
Marika Guida scherza
così sul suo modo di vedere il suo lavoro. Dieci anni nella pubblicità, molti altri nella scenografia, a disegnare scatole per i prodotti e scatole per gli attori non passano senza lasciare traccia. La traccia è questa:
comunicare
è un gioco molto serio e modulabile. Pensare ad un abito come ad un packaging,
che non solo contiene, ma ‘rivela’ la persona che c’è dentro, con tutto il suo
contorno.
Marika Guida |
L'attività di Marika nasce nel suo atelier di via Saluzzo, sull’angolo con corso Marconi. “Lavoro qui, qui penso e realizzo: è il mio mondo, ed è bello perché finalmente mi sento quieta. Sono esattamente dove voglio essere, faccio esattamente quello che voglio fare”.
“Era il 2011: ho trovato questo posto, l’ho riconosciuto subito. Era il mio posto. Ed ora, sono libera”.
Libera di creare, di ricercare, di sperimentare, di gioire, di fallire o di vincere. “Le mie linee nascono dalla sperimentazione – spiega -. Avere un negozio su strada aiuta anche a testare sul pubblico quello che fai, a capire se funziona oppure no. Le mie linee nascono così: spesso provo direttamente su tela e poi se è il caso faccio il cartamodello per ripeterlo”.
La ricerca passa anche attraverso i tessuti. “Sono torinese, mi piace lavorare il più possibile con materiali non solo italiani, ma a chilometro zero. Eppure, da qualche tempo, mi sono aperta al mondo – dice -: le aziende italiane hanno spesso dei minimi d'ordine troppo alti per un'artigiana e poi mischiare e contaminare le culture mi diverte molto”. Marika lavora anche sui tessuti da uomo "perché è un po' come appropriarsi di qualcosa di prettamente maschile, con tutta una serie di peculiarità annesse, ma trasformandola a proprio vantaggio, attraverso la femminilità del taglio. Faccio mini-collezioni – spiega- basate anche sui miei innamoramenti temporanei, un tessuto, un periodo, un concetto, un colore, un dettaglio... tenendo sempre ben presenti però le principali qualità indispensabili di un mio capo: in primis la sfruttabilità, (in verticale attraverso le fasi della giornata e in orizzontale attraverso le fasi delle stagioni), l'originalità e la facilità di cura. Anche il lavoro di sovrapposizione e di draping assumono una diversa connotazione con l'uso di certi tessuti ”.
Un piccolo mondo,
ma una
grande conquista. “Ho fatto
moltissimo, prima di sbarcare qui.
Ho
mantenuto i miei studi, ripresi da zero a 21 anni, lavorando inizialmente nei
locali, la sera, poi sempre più in ambito creativo che presto prese il
sopravvento, prima in pittura e decorazione poi in pubblicità, ho fatto l'art per
10 anni, intanto mi 'regalai' gli studi all’accademia di Belle Arti di Torino,
ho lavorato in scenografia e nel reparto costumi per fiction televisive, ma
soprattutto nei momenti di "magra" non sono mai stata ferma,
cimentandomi anche in professioni lontane dalla mia, momenti altamente
formativi, che alimentavano la mia determinazione a uscirne prima possibile–
racconta sorridente -. Come il periodo delle bancarelle e dei mercati: una
grandissima risorsa, ma anche un girone infernale: producevo in casa, invaso il
salotto di materiale lavorato e non, senza parlare della vendita, ore e ore al
freddo o a al caldo, il trasporto, l'allestimento e il ritiro, di fronte a
persone che in genere non sanno o non tengono conto di quanto avvenuto dietro
al capo che desiderano ma su cui spesso 'ci devono pensare' insomma uno
sbattone enorme”. Poi, finalmente, la svolta.
L'atelier di via Saluzzo |
L'atelier di via Saluzzo |
Libera di creare, di ricercare, di sperimentare, di gioire, di fallire o di vincere. “Le mie linee nascono dalla sperimentazione – spiega -. Avere un negozio su strada aiuta anche a testare sul pubblico quello che fai, a capire se funziona oppure no. Le mie linee nascono così: spesso provo direttamente su tela e poi se è il caso faccio il cartamodello per ripeterlo”.
La ricerca passa anche attraverso i tessuti. “Sono torinese, mi piace lavorare il più possibile con materiali non solo italiani, ma a chilometro zero. Eppure, da qualche tempo, mi sono aperta al mondo – dice -: le aziende italiane hanno spesso dei minimi d'ordine troppo alti per un'artigiana e poi mischiare e contaminare le culture mi diverte molto”. Marika lavora anche sui tessuti da uomo "perché è un po' come appropriarsi di qualcosa di prettamente maschile, con tutta una serie di peculiarità annesse, ma trasformandola a proprio vantaggio, attraverso la femminilità del taglio. Faccio mini-collezioni – spiega- basate anche sui miei innamoramenti temporanei, un tessuto, un periodo, un concetto, un colore, un dettaglio... tenendo sempre ben presenti però le principali qualità indispensabili di un mio capo: in primis la sfruttabilità, (in verticale attraverso le fasi della giornata e in orizzontale attraverso le fasi delle stagioni), l'originalità e la facilità di cura. Anche il lavoro di sovrapposizione e di draping assumono una diversa connotazione con l'uso di certi tessuti ”.
Dal suo mondo di via Saluzzo passano le più svariate figure professionali e talenti di ogni genere(uno dei suoi clienti è Arturo Brachetti) e passano progetti e suggestioni. La domanda sui progetti per il futuro viene accolta con un sorriso: “Il mio futuro è adesso – dice -. Mi piacerebbe sbarcare negli Usa, dove anni fa mi ero affacciata anche con buon esito ma non mi sentii pronta e rinunciai. Oggi ho le idee molto più chiare, so che voglio e posso farlo anche da qui; so anche che se non andasse in porto, ho già quello che cerco, avrò semmai lavorato a vantaggio della mia crescita, che non fa mai male”.
Il mondo, visto dalla sua boutique artigiana, non è poi così lontano.