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giovedì 27 aprile 2017

Dzoyé: un sogno ai vostri piedi


Quando sono stata a Pralormo, per l’evento annuale “Messer Tulipano”, sono stata rapita da una serie di strane scarpe… a guardarle meglio, erano zoccoli. I tipici zoccoli valdostani. Bellissimi, però.

Così, ho decisi di conoscere meglio la loro storia, e così ho conosciuto Chicco Margaroli.








Formatasi all’Accademia delle Belle Arti di Torino, dotata di un senso artistico innato, Chicco è un’artista a tutto tondo: le sue installazioni artistiche vanno dai giardini alle facciate degli edifici, alle opere esposte nelle più diverse mostre; quindi ho deciso di intervistarla: ne è nata una chiacchierata al telefono piena di entusiasmo e di belle cose da imparare…

 

Buongiorno Chicco, e complimenti innanzitutto: le sue Soques sono meravigliose!

Da quanto tempo è nata questa linea?

La linea delle “Dzoyé” (che in Valdostano significa “giocare”) è nata 6 anni fa, in modo assolutamente casuale, leggero e divertente da una suggestione che mi ha colpita dopo aver visto un paio di curiose scarpe trovate a Courmayeur (erano delle Melissa nere, lucide, a forma di zoccolo olandese); lì mi chiesi se non potevamo utilizzare un prodotto caratteristico del nostro territorio e lavorarlo, lo zoccolo valdostano appunto, una scarpa antica ma che si può rinnovare in mille modi.

Io amo il tema del rinnovo, penso che attraverso questo si possa utilizzare tutta la nostra cultura in modo più fantasioso e insieme renderle onore.

Come nasce l’idea dello zoccolo personalizzato?

Una volta le Soques percorrevano la storia della famiglia; qui in Valle d’Aosta, in tempi di vere ristrettezze un paio di Soques passava di padre in figlio, di fratello in fratello… ora, in termini diversi ovviamente, queste Soques possono passare di madre in figlia (o di padre in figlio visto che le produco anche da uomo), con temi sicuramente diversi dallo standard, temi che stanno a cuore al cliente o che si riallacciano a momenti particolari della mia storia di artista, esattamente come quelli che sono stati in esposizione a Pralormo.




Dove reperisce le materie prime per la lavorazione dei Soques?

Innanzitutto i materiali sono tutti di qualità, lavorati in modo naturale da aziende che si occupano di lavorazione del legno per quanto riguarda le basi (tutte le basi delle Soques sono di legno di Ontano), e della lavorazione dello scamosciato che viene utilizzato per la tomaia (suede foderato); purtroppo la valle d’aosta non ha più le competenze per la produzione di questi articoli, e non c’è più una conceria che lavori le tomaie. Basi e tomaie vengono assemblate, e di lì inizia la “nascita” delle mie Dzoyè

 

Quanto tempo serve per realizzare un paio di Dzoyé?

Dalle 10 alle 12 ore: dopo l’assemblaggio passo alla coloritura, utilizzando una ricetta polimerica esclusiva, più dei fissativi: sono tutti materiali che mi hanno richiesto 2 anni di ricerca e che sono di alta resistenza, tutti restaurabili, pensi che più una Soque viene restaurata, più diventa impermeabile… una Dzoyè si può portare tutta la vita! Ogni paio inoltre è assolutamente diverso dagli altri, è diverso per definizione: la sinistra è diversa dalla destra, e anche il retro della soque è diverso uno dall’altro.

Creo delle soques diverse a seconda delle richieste o dei colori moda del periodo: ovviamente, se si sceglie un tema, lo stesso va adattato alla misura della soque (il disegno perderebbe ogni traccia di “verità”, alla quale invece tengo molto).


Quindi lei non crea Dzoyé in anticipo? Sì, in realtà io preparo sempre qualcosa per lo showroom al fine di mostrare il mio lavoro, ed in quel caso, mi ispiro ai colori del momento come accennavo prima, o agli eventi che possono godere di una scarpa particolare: un matrimonio, ad esempio. Ormai siamo quasi a quota 1500 Dzoyé prodotte.
Scarpe per un matrimonio... la scritta dice: me pe te plat pe le pacioq (io per te mi butterei nel fango)





 

Dal sito si legge che uno degli ambasciatori di Dzoyé è Daria Bignardi, una donna le cui scelte sono spesso fuori dai luoghi comuni: com’è nata la vostra collaborazione?  
La signora Bignardi frequenta la valle di Gressoney, dove tempo fa è stata invitata al “Festival delle Nuove Vie”, al quale io ero stata a mia volta invitata per presentare le mie Soques: ci siamo conosciute lì, io ho portato una Dzoyé per Daria, come faccio ogni anno per ogni invitata e così ho potuto far conoscere le Soques anche a lei, per la quale preparai un paio di Dzoyé arancione, chiamate “In Media's Res”, giocando sulla frase latina e sul fatto che la signora lavora nei media.


 
Quali sono le difficoltà del realizzare questi che sono i “sogni” delle sue clienti? Non è una difficoltà, ma è sempre un lavoro di comprensione: io interpreto artisticamente il sogno, o la vita, o la storia, in una parola quello che la cliente desidera indossare, e passo passo lo ricreo sulla Dzoyé, sempre tenendomi in contatto con lei, partendo dalla scelta dei colori alla realizzazione del disegno… questo anche quando si tratta di dipingere sulle Dzoyé una cosa a cui mai avrei pensato: una volta un cliente giapponese ha voluto un paio di Soques con Alice ed il Coniglio Bianco, che a me mai sarebbe venuto in mente, ma il cliente è stato un disegnatore Disney, e questa era la “sua” storia.

 

Se una donna di Roma, per esempio, si innamorasse dell’idea di un sogno da calzare, come potrebbe realizzare il desiderio, a parte viaggiare fino ad Aosta o a Milano?
Mi può contattare tramite il sito: per quanto riguarda la misura da utilizzare, spesso mandiamo delle “maquettes”, affinché la cliente possa prendere la misura del suo piede sulle forme che utilizziamo qui; la cliente fa anche delle foto, al fine di rendere tutto il più simile possibile alla misurazione che faremmo qui ad Aosta o nello showroom di Milano. Dopo di che, sempre via foto e telefonate, si passa alla definizione dei colori, dei disegni, del messaggio che quel paio di Dzoyé deve veicolare soprattutto alla persona cui appartengono.

Passando ad argomenti meno poetici ma più pratici, quanto può costare un paio di Soques?

In Italia un paio di Dzoyé costa 800 euro, più I.V.A.; questo prezzo comprende ovviamente le Soques più la loro scatola in legno dipinta con lo stesso tema, un libro d’arte sull’attività di Dzoyé ed un sacchetto di lino firmato a mano dall’artista, ma creato dalla cooperativa Fili Intrecciati, che grazie all’operatività di ragazzi in difficoltà e i loro insegnanti, ci produce le buste di corredo in lino cucite a mano. Ne siamo onorati!

Per un dovere di riconoscenza alla mia Valle però, i valligiani possono comprare un paio di Dzoyé ad un prezzo inferiore: in fondo, si tratta di un’eredità comune, un bene prezioso che la gente della Valle d’Aosta condivide da sempre.


... avevo ragione? Sono deliziose, no?
Allora muovetevi ad andarle a vedere dal vivo: l'esposizione di Messer Tulipano chiude il 1° maggio!




P.S.: Potete trovare tutte le informazioni ai seguenti siti:

venerdì 21 aprile 2017

Pietro Barbieri: la stagione delle pieghe del tempo




Di suggestione in suggestione, questa settimana raccontiamo della primavera/estate di Pietro Barbieri, che ha presentato qualche giorno fa la prima capsule della collezione. Il tema della sua SS è Folds, ossia pieghe.



"L'ispirazione è partita da una serie di concatenazioni di pensieri - racconta Barbieri -. Riflettevo sulle mie decadi di riferimento, su quel gusto e sulle somiglianze del periodo storico che stiamo vivendo".


Pietro fa riferimento al periodo storico che più ama come stile, ossia dagli anni '10 del Novecento fino agli anni '30, come ci ha raccontato in questa intervista.



"E quindi più che cicli che si ripetono, ho pensato a fogli uno sull'altro, alle pieghe del tempo - spiega -. Questa cosa mi ha intrigato... E ho usato la piega come leitmotiv della collezione".


Così è nata la gonna pantalone con ampia piega centrale, le camicie con pieghe che si creano grazie a pins da bretelle, i pantaloni con pieghe che nascondono le tasche.


E poi ancora una personale rivisitazione del frac, che mostriamo nelle foto qui sotto, o la giacca con doppio reverse tagliato a metà.

Il frac davanti

Il frac dietro

"Per giugno presenterò l'estate e continuerò nella stessa direzione, cambiando tessuti e forme - conclude Barbieri - ma è la collezione delle Folds!".

Qui sotto ancora alcune suggestioni della capsule Folds

Giacca a doppio reverse











venerdì 14 aprile 2017

L'Orlando Furioso e la primavera degli abiti componibili



Il nostro vagare per primavere ci ha portate a curiosare nelle vetrine della Sartoria L'Orlando Furioso.

La primavera/estate di Nicoletta Fabbiani e delle sue socie parte dall'idea del grembiule, un indumento che rispecchia il saper fare, la manualità, il mestiere.


E diventa un insieme di abiti componibili e scomponibili, che accostano la praticità alla creatività.



"Il grembiule è un indumento estremamente versatile - dice Fabbiani - è una divisa, e noi l'abbiamo trasformato in una decorazione".


Così la collezione si articola in tute, che L'Orlando ha chiamato 'Il Toni', ossia la vera e propria tuta da lavoro, gli scamiciati che perdono le pettorine e diventano lunghe gonne con spacco, le pettorine che si trasformano in borsette, abiti multiformi e colorati.


Il tutto impreziosito da bottoni metallici "per i quali abbiamo scelto un colore brunito - dice ancora Fabbiani - per dare una spinta grintosa, ma non aggressiva".


E condito da una goccia di femminilità.



Qui vedete un abito a pettorina reversibile e staccabile

Vi lasciamo con una serie di suggestioni de L'Orlando Furioso.








venerdì 7 aprile 2017

La stagione dell'armonia di Marika Guida



La primavera è arrivata in città e le vetrine si stanno riempiendo di nuove colorate e allegre suggestioni.

Siamo andate a curiosare nella nuova stagione di Marika Guida, che avevamo incontrato qualche tempo fa (trovate la nostra chiacchierata a questo link).



"Sottolineo sempre che l'aspetto più importante e incisivo nel mio lavoro è ciò che "non si vede" - dice Marika -. Il lavoro che c'è dietro, di ricerca, di studio, di cultura... concentrato sempre in un tempo piuttosto breve, che siano le stagioni, sempre più frammentate, o le destinazioni d'uso".



La capsule di primavera di Marika nasce quindi "da un desiderio di generosità collettiva - spiega -. Ho immaginato le strade della città che con il primo sole si svelano in tutta la loro bellezza, come le donne che le attraversano".


La collezione presenta alcune innovazioni.

"Le influenze nascono da processi già nelle mie corde, ma con delle innovazioni, molta attenzione per la femminilità, la leggerezza, forme e movimenti influenzati dalla danza e dalla teatralità, ma anche dall'etnico più raffinato".




"Nell'insieme -conclude Marika - un dono di armonia per chi osserva".

Vi lasciamo in compagnia questa armonia, con altre immagini della collezione SS di Marika Guida nella foto di Erika Banchio.